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venerdì 24 marzo 2017

Folfiri o Folfox tour_ Afterhours @Napoli

Ne ho visti tanti, come Rocco di patate (o forse non così tanti), di concerti degli Afterhours.
Eppure nessuno, e dico nessuno, che sia stato così, nel senso buono, potente, violento ed aggressivo.
Una casa della musica, quella di Napoli, che è letteralmente esplosa di musica ed energia.









Né pani né pesci - Ballata per la mia piccola iena - San Miguel - Musa di nessuno - Non voglio ritrovare il tuo nome - Ti cambia il sapore - Costruire per distruggere - La tempesta è in arrivo - Male di miele - La verità che ricordavo - Bye Bye Bombay - Padania - La vedova bianca - Ci sono molti modi - Quello che non c’è

sono solo alcune delle bombe assordanti lanciate ieri sera, in una guerra di suoni ed emozioni.

Fuori da tutti gli schemi e dalle abitudini, tutto assume una connotazione più forte, come una pagina di un libro che sottolineiamo con forza anche dopo averla letta tante volte. Come un testo che già conosciamo, ed in effetti lo conosciamo tutti a memoria, che all'improvviso diventa importante, che va urlato, che va riscritto a caratteri cubitali.

Ci colpisce, ci investe, ci travolge, ci riempie. E' il dono della musica. 

Manuel e Rodrigo dominano la mia attenzione, come Nick Cave e Warren Ellis. 
E l'intro dei dirty three, in effetti, lasciava presagire grandi cose.
Richiesta preparazione atletica e psicofisica per assorbire e per ascoltare, per sostenere consapevolmente il rumore, che è sempre fuori, ma soprattutto dentro di noi.

L'ultima volta, pensavo che sarebbe stata l'ultima volta. Non era vero. 
La musica nella vita non è mai superflua, non è mai veramente lontana, ma soprattutto non è mai  abbastanza!

lunedì 16 gennaio 2017

LA SVOLTA CELESTE. IL RISCATTO DI ATLANTE.

Atlante, descritto nell'Odissea come uno dei pilastri del cielo, fu condannato da Zeus a reggere sulle spalle la volta celeste per essersi alleato con Crono nella guerra per la conquista dell'Olimpo, vinta ovviamente da Zeus.

Atlante, costretto a convivere con questo peso per l'eternità, riuscì a convincere Eracle a sostituirlo temporaneamente nella sua punizione, a patto che quegli andasse a raccogliere i pomi d'oro delle Esperidi.
Recuperati i pomi, pero', per Eracle fu assai difficile convincere Atlante a riprendere il suo posto, e dovette ricorrere a uno stratagemma: gli chiese di tenere momentaneamente la volta per potersi mettere sulle spalle un cuscino.

Atlante si riprese il cielo, Eracle se ne andò, si prese i tre pomi, e si fece beffa di lui.

Stefano Parisio Perrotti inverte la tendenza della vita di Atlante, e gli da la possibilità di liberarsi del suo peso. Lo rende autonomo, indipendente, fiero. 

In piccole sculture, tanto entusiasmo. Atlante si riappropria della sua vita, e si gode il piacere di portare sulle spalle un peso leggero, o di non portarlo affatto.






















In mostra al MANN di Napoli, segna per me l'inizio di questo 2017. 

Ironia, semplicità, cultura, immediatezza.






In una piccola sala, un concentrato di emozione, ed un sorriso.




La mostra si intitola "La svolta celeste. Il riscatto di Atlante"


www.pariperro.it

martedì 31 marzo 2015

E pur [Bagnoli] si muove: _la rinascita di Città della Scienza!

La Napoli che ci rappresenta e che ci piace, quella che non si arrende, la scienza contro le barbarie e l'inciviltà, la ragione/azione contro la violenza... 

Tutto questo testimonia la riapertura dell'intero complesso di Città della Scienza in occasione della "Grande festa della ricostruzione" giornata-evento organizzata dalla Fondazione Idis, che, con una carrellata di seminari, mostre, laboratori e spettacoli, ha celebrato la rinascita di un fuoco sì, ma di tutt'altra natura. 

Un fuoco costruttore, di sapienza ed innovazione, che ha dato definitivamente avvio al progetto di ricostruzione del nuovo science center. 

Il 4 marzo 2015, appunto, a 2 anni esatti da quell'atto oltraggioso che tanto ha indignato e ci ha indignati, a noi, noi napoletani che di arte, cultura e scienza ne sappiamo qualcosa.
Bagnoli ha festeggiato un'impegno ed una speranza per un futuro diverso da quello che un qualcuno gretto, meschino e codardo avrebbe voluto per il miglior museo scientifico a livello europeo, il nostro. Un futuro che ha deciso di non arrendersi alla distruzione delle fiamme, ma che alza la testa e con quella testa CREA, PROGREDISCE, INNOVA.

15 su 98 i progetti arrivati da tutto il mondo e selezionati dalla Commissione per il concorso di Ricostruzione del Polo scientifico; a maggio il decreto sui primi 3 classificati e poi lo start ai lavori. 





Pochi minuti per appiccare un rogo, 13 lunghe ore per spegnere le fiamme ed altri 2 anni e mezzo ci vorranno... MA nell'aria campeggia senso di rivalsa, c'è sete di agire e un orgoglio ferito esige di non dimenticare! Noi non dimentichiamo, e se oggi c'è da festeggiare, festeggiamo, anzi brindiamo! Al progresso e alla civiltà!

mercoledì 12 novembre 2014

Un angolo di Cina nel cuore di Spaccanapoli_ Qualcosa di tè!

A Napoli il primo tea shop per educare al rito ed alla cultura della bevanda più diffusa al mondo!





Dimentichiamo per un attimo la Cina onnivora "imitatrice" di qualsiasi cosa e pensiamo all'enorme culla di cultura che rappresenta, ricca di autentiche e millenarie tradizioni.


Per capirci, rilassatevi un attimo e andate con la mente al Tibet, ai monaci, alla pace... Ci siete?


L'atmosfera...

martedì 4 novembre 2014

Napoli e la favola della Regina delle Torte_Giada Baldari SugarQueen

Avete tutti sentito parlare del Boss delle torte, no? Ormai in Tv ce ne propinano quasi uno al giorno, ebbene, mai sentito parlare di Giada Baldari?



Se vi state chiedendo chi è, la risposta è molto, molto semplice: basta, infatti, fare una passeggiata in via Carlo Poerio per imbattervi in quello che è a tutti gli effetti un vero e proprio tempio del cake design, "Sugar queen", signori!


Qui, tutto, ma proprio tutto, ci ricorda una favola: dagli arredamenti, curati in ogni delizioso dettaglio, alle mille prelibatezze preparate ogni giorno...sfiziosissimi cup cake si alternano a torte decorate con arte e maestria, incantevoli macarones colorano un'atmosfera magica e dolce, terribilmente dolce!


Vista e gusto sono i due sensi che la fanno da padrona indiscutibilmente , senza però dimenticare tutti gli altri, perché come sapientemente si legge dal sito (che rende perfettamente l'idea di un sogno per grandi e piccini) "Sugar Queen" è anche:

domenica 12 gennaio 2014

Diciamo "Si" al Boss delle Cerimonie

Lo aspettavo con tanta inquietudine ed altrettanto entusiasmo, come quando dopo tentativi di alimentazione sana programmi un'uscita in un pub all'insegna di junk food coatto! 


La vergogna c'è ed anche il timore, ma in fondo ti diverti al pensiero di colate di maionese su hamburger e patatine, crocchette e chips.
E così alla fine è andato in onda "Il Boss delle cerimonie".
Venerdì, ho avuto altri impegni e ho provvidenzialmente registrato la puntata.
Un'idea di cui vado fiera, l'ho vista almeno tre volte. 
Ogni volta scopro chicche nuove, sopraffine perle di kitsch capaci di donare un godimento reiterato.

Prima di guardare la puntata, sono stata travolta dai post dei miei chicchissimi amici di facebook e del web tutto, circoscrizione napoli, che trasudavano orrore, sgomento, disprezzo.
Eccessivi e prevedibili come sempre. O.o

Cosa avrete mai visto da farvi storcere così tanto il naso??!!
Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare de La Sonrisa, di serenate neomelodiche, di abiti "particolari" e buffet all'insegna dell'abbondanza e delle spreco (perché "pure se è peccato, o mangià s'adda iettà!) .

Il programma è una carrellata in stile Realtime dei principali riti folcloristici di una certa Napoli, lontana da molti, lontana da noi, gente di un certo calibro, eleganza e aplomb, ma pur sempre Napoli.
Ci si sposa anche così. Ammettiamolo.



Il mercato del wedding napoletano, come testimoniato dalle mille fiere (TuttoSposi, E'sposa, Mia sposa, Ti sposo) è floridissimo, e supporre di limitare domanda e offerta ad uno stereotipo che ci piace di più (stile Enzo Miccio, per intenderci) o che riteniamo possa farci fare una figura di classe, è parziale e limitante.
Il programma esaspera riti e mascherate in stile circense (sia chiaro), adottando un'ottica esattamente uguale a quella adottata in altri programma tipo: "Il mio grosso grasso matrimonio gipsy" ed additritutta il famosissimo "Boss delle torte".
Buddy Valastro, emblema all'estero degli italo americani, esattamente come "i Soprano's", vi sembra chic?
Vi rappresenta? mmm, sono perplessa.
A me no! Buddy & co. sono un pot-pourri di kitsch ed eccesso all'ennesima potenza, pregni di stereotipi di italianità all'americana, ed in quanto tali, divertentissimi e di grande successo. 

Ora mi chiedo, da un programma che si presentava come "Il boss delle cerimonie" cosa vi aspettavate?
Da quando la parola "boss" è associata ad un immaginario di eleganza, buongusto e buone maniere?
Ricordo mai, ma posso sbagliarmi.

Capisco certo che celebrare carrozze, troni, colombe, menu interminabili, fiumi di taffetà, neomelodici patinati, pacchianate e foto in pose da boss come "tradizione napoletana" sia altrettanto parziale, è sicuramente vero che non ci sposiamo tutti così, e soprattutto non desideriamo affatto farlo così.
Il punto è: cosa vi offende in  maniera preponderante?
Le generalizzazioni, e posso darvi ragione, sono figlie di un'esasperazione televisiva dell' affaire e sono antipatiche, è chiaro, ma quando ci hanno propinato magnificenti matrimoni all'insegna del buongusto del famoso wedding planner napoletano, a Ravello, Sorrento, Ischia ecc. come si sono sentiti tutti coloro che non desideravano altro che festeggiare con Ida Rendano alla Sonrisa?
Siate magnanimi, un po' a noi, un po' a loro.



Facciamoci una sana risata, e al boss delle cerimonie diciamo: "Si"!!

Clicca qui per vedere gli episodi!

mercoledì 31 luglio 2013

TRICKY @ ARENILE RELOAD (NAPOLI)

25 luglio_ Arenile Reload_ Tricky.



Travolta da un insolito destino nell’azzurro mare di fine luglio, mi scuso.

Serata afosa, che neanche il mare di Bagnoli riesce a tirarti su il morale. Un palco piccolo ad attendere, e una spiaggia un po’ più affollata.

Pochi intimi, oserei dire, per un concerto al quale valeva comunque la pena essere presenti.

Ben lontani da uno spettacolo standard. La divisione tra palco e pubblico non esiste. Siamo pochi, è vero, ma non è detto che dobbiamo stare tutti insieme! Tricky si da, si concede, e si regala, dal primo istante.  Tutti sul palco a ballare alla prima canzone. Ottimo inizio e grande condivisione. Si certo, anche Iggy Pop  invita sempre sul palco un paio di persone mentre costantemente gli cascano i pantaloni... ma qui siamo a Napoli, e sul palco c’è una festa. Forse un po’ troppo passivo e tossico il pubblico spettatore. Contrasto violento tra quelli che ballano e abbracciano Tricky e si abbracciano, e quelli un po’ spenti che osservano, alcuni molto divertiti, altri un po’ increduli, ma in ogni caso troppo immobili e statici.

Il clima è quasi familiare.  Da una canzone si passa all’altra senza troppi tecnicismi. La musica si ferma, riprende. Non c’è una cura meticolosa per le luci, né per i suoni, né per la scaletta, né per la scena. Ci sono loro, e c’è musica. Passione, ed energia. Quanto basta.

 “Tricky  è napoletano come noi”, la presentazione che gli viene fatta prima dell’inizio del concerto. Napoletano, ma di quelli “carnali”. Si lascia toccare, scende tra il pubblico, si gode la musica in prima persona. Balla, si scatena e si diverte. Dopo il concerto, viene a bere qualcosa al bar.



Nero fascio di nervi dalla voce profonda, ho l’impressione che non sia sul palco giusto. Ho idea che per lui sia troppo poco. Forse lo è anche per me che lo guardo. Niente è “perfetto” come dovrebbe. E’ tutto spartano, ma credo che lui non si offenda.  E se lui non si offende, non mi offendo nemmeno io.
Arriva fino in fondo, e si esprime lo stesso. L’energia e il desiderio di condivisione non hanno a che vedere con sintetizzatori e amplificatori hi- tech (almeno in parte).

Picchi altissimi ci sono, con chitarre e bassi da fare invidia ai migliori Rage Against the Machine, e momenti più soft in cui anche i meno drogati si godono quell’atmosfera dark e mai eccessivamente inquietante.
Un incrocio di sguardi contenti a fine concerto: “Qualcosa non ha funzionato”. “Si,  vero. Non importa, è stato bello lo stesso.”




Tricky, microfono sul cuore a simulare i battiti, rimarrà sempre, nei miei ricordi, una bellissima immagine.

giovedì 30 maggio 2013

Wine&the...Rain _the private party!

E' accaduto di essere stati invitati ad un exclusive private party e di essersi sentiti particolarmente entusiasti di parteciparvi.


Parliamo di un wine party di gala a tema 007 con la partecipazione di un parterre qualificatissimo di imprenditori, professionisti e top client che si inseriva nel Wine tour del ''Fuori salone del vino'' di Vitigno Italia, noto come Wine&theCity.

Il format, dal 2008 si svolge a Napoli e mette insieme la cultura del buon bere con la moda, il design, la musica e l’arte attraverso un percorso di quattro giorni in giro per la città il cui filo conduttore è il vino.
Un percorso di vino lungo 100 indirizzi selezionatissimi, ognuno associato ad un evento e ad una cantina per la presentazione dei propri vini.

Il private party si preannunciava così prestigioso, impegnativo e con quella giusta carica di mistero da scatenare il panico per la scelta dell'abito lungo a tema Bond girl.
Il Fucsia Team delegato, io (Rosaria) e Manuela, dopo estenuanti ricerche ed appropriati accorgimenti siamo giunte alla serata sfoggiando due abiti che provavano a ricalcare il più possibile lo stile delle amazzoni di Fleming e cavalcando il tappeto rosso ancora asciutto(:-S), ci siamo lanciate a piene mani nella degustazione.





















Selezionando rispettivamente calici di Lacrima Chrysti del Vesuvio Cantine Casa Setaro bianchi e rossi abbiamo chiacchierato con allegria con gli ospiti, ritrovando pochi James Bond, ma molti intenditori del vino.
La necessità di rinfrescare il make up ci ha portato alla scoperta delle toilette, dove abbiamo trascorso un lasso di tempo discutibile scattando foto per approfittare dell'effetto modaiolo delle vertigostripes alle pareti.






















Poi il diluvio. Del resto si sa, quando piove diluvia (cit.)



Il party ha assunto così una piega diversa, la pioggia ha preso a scrosciare con ardore e violenza e tutti gli ospiti si sono riversati sulle navate laterali. Come su ogni buona nave, la jazz band ha continuato a suonare! 
Nonostante questo riassetto tattico tutto è proceduto perfettamente, il party si è concluso con un'elegantissima scorpacciata di gelato pandistelle tra fashion bloggers in pose divertenti ed eleganti signore in versione sirenette con le code degli abiti portate goffamente a braccetto.

Il Palazzo Caracciolo era meraviglioso come sempre e l'organizzazione dell'evento impeccabile.

www.wineandthecity.it


venerdì 26 aprile 2013

"VISIONI" da architetti_ Giuseppe Mascolo @ NEA, Napoli


Velocità, ritmo, sintesi. Il video proiettato allo spazio "Nea" di piazza Bellini, a Napoli, in occasione della mostra “Visioni”, (17 aprile 2013) , ha lasciato il segno. Del resto, è proprio di segni che si parla: tracciati, linee, disegni che modificano il territorio; curve, o rette, che delineano gli spazi.  Giuseppe Mascolo, protagonista indiscusso, nella vita e nella galleria, mette in scena i suoi lavori, di architetto, e di artista. Li mette in scena, come solo lui sa fare, col sorriso beffardo di chi sa di avere qualcosa da esprimere.

Complice il suo video-maker, cinematographer Stefano Aletto, (si… proprio come una delle Erinni), che cattura al meglio l’emozione di una creazione artistica e ne coglie, e sottolinea, le sfumature istintive. Una lenta e brevissima introduzione, una sorta di overture: l’architetto che apre la finestra, e guarda ciò che lo circonda, passaggio imprescindibile per poter dare vita ad un qualunque progetto e, soprattutto, per “immaginare concretamente” una città diversa. Un respiro profondo, e la vita inizia. Pervade l’artista, che diventa solo un mezzo. Una carezza veloce e sensuale al tavolo da disegno, sostegno affidabile e compagno di meditazione. La lama scorre a tagliare il foglio, e carta gommata. Gesti automatici, per chi li ha fatti mille volte, e che racchiudono un fascino misterioso. Ci fosse stata la china a sbavare nei momenti sbagliati, il quadro sarebbe stato completo. Ma una biro, e niente china. Penna a sfera, e acquerelli. Comincia lo stato di trance. Giacca e occhiali scuri, la creazione prende vita, senza paura alcuna di sporcarsi le mani.




La colonna sonora è perfetta, e il ritmo si fonde col rumore, o col suono, della penna sul tavolo. Il disegno è pensato dalle mani, e scorre veloce, di certo più veloce dei pensieri. Quando tutto è solo un po’ più calmo, l’acqua chiama dai bicchieri di plastica, e parte il colore. Pochi istanti dopo, il disegno è finito. Le mani sono sporche, lo sguardo soddisfatto.

La visione si è manifestata. Ora, si può anche andare via.




cinematographer_ Stefano Aletto                              
production_ CamerastyloFilm
camera assist_ Palmer Vitagliano
performer_ Giuseppe Mascolo
voce_ Salvatore Castaldo

cartoline autografate



Alle pareti i disegni.

Nello spazio un’installazione in ferro dall’alto della quale, in un’atmosfera suggestiva, il poeta Salvatore Castaldo recita alcuni brani estratti da “Le città invisibili” di Calvino.

A disposizione dei curiosi tavole di progetti. Lo studio si chiama MARASMA studio, ed è gestito dagli architetti Giuseppe Mascolo e Debora Marrazzo.




domenica 7 aprile 2013

BEVIAMO! E' MORTO MIRSILO!


Mi hanno rubato il tempo. Il tempo passato, e il tempo presente, e non posso mettere la sveglia.                
Mi guardo il polso, e mi accorgo che mi hanno rubato il tempo. Già odiavo svegliarmi la mattina poi. 
Mi hanno rubato i primi giorni di Claudia, e le foto dei suoi bagnetti allegri, il verde di una ballistica Ratzinger, e le foto del reading di Ceres. Un’immagine degli occhi azzurri di Alfonso in papillon che scappa dopo la performance. Mi hanno rubato i pupazzetti di Barcellona, le giornate di sole, i musicisti di strada e le persone che scansavano divertite la mia camera. Un pezzo di casa Batllò, residui di Brooklyn park, e l’unica foto che avevo insieme ad un amico. Gli skaters al MACBA, scorci di New York, i Mananers nelle loro sfumature di giallo, gli appunti su Yoroboku presi in aereo, e tanti contatti.  Foto di me su una panchina al sole e di una gigante e disgustosa meringa che addento.



Il calore del sole, certo, lo senti sulla pelle. E una macchina fotografica, per quanto sofisticata, filtra sempre i colori. Tutto è negli occhi, e nel cuore. Ma è ugualmente deprimente cercare un’emozione nel proprio archivio e scoprire che non c’è. Devoluto a mani che di te, e del tuo vissuto, non sanno che farsene.

In un attacco di tachicardia si sciolgono le immagini. Un’emozione esplode la vita, ed è sempre meglio che far esplodere qualcos'altro. Le lasci andare, e un pezzo alla volta senti che ti scomponi.

Un sorriso per reagire a quello che non c’è. Eppure, lo dico ogni volta, io, della gente che sorride sempre, non mi fido.

Il cuore aperto per far entrare le emozioni è una lama a doppio taglio. E calma, e sangue freddo. E lucidità. Sempre. Sono un po’ stanca. Ogni tanto vorrei che qualcuno abbracciasse anche me, e mi dicesse “ Piangi, che poi ti passa” invece di “l’importante è che non ti sia successo niente”. Un momento in cui non succeda niente, poi, non esiste. 

Certo. Sono viva, intera. Le emozioni scorrono, la vita passa, l’energia entra, esce, e, e mi abbandona, e mi abbandonano i colori, e le immagini, e l’entusiasmo. Dall'esplosione di colori al buio. 

Dopo la notte sorgerà il sole. Mi sgretolo un po’ come i vampiri ogni giorno che passa, ma lo faccio entrare, che tanto prima o poi diventerà sempre più caldo, fino a bruciare tutti i pensieri.

Nel frattempo… un quintale di matita nera e vado avanti, e ricostruisco quello che ho perduto, dai frammenti.

Quello che resta, sono solo i frammenti.


E il mio frammento preferito, è stato sempre questo:

Fr. 332 V
"Ora bisogna ubriacarsi e che ciascuno beva a forza, poiché è morto Mirsilo"

anche noto come:

“Beviamo, è morto Mirsilo!”  
[ALCEO, λκαος, Mitilene, Lesbo, 630 a.C. circa – 560 a.C. circa]


[STORIA DI UNA RAPINA A MANO ARMATA SOTTO CASA]

domenica 10 marzo 2013

Napoli è nostra e Città della scienza pure!

La politica di questo blog è evitare le polemiche! 
Mi spiego, non demoliamo ma costruiamo.
Stavolta tuttavia vorrei urlare, sono indignata, esterrefatta, arrabbiata ed anche spaventata.
E sono in lutto. Siamo in lutto. Città della scienza è morta.

Ho preso tempo, ho dovuto metabolizzare la notizia augurandomi che non esistesse dolo o colpa, ma fosse un accidentale scherzo del destino. Non è stato così. 
Ho guardato le foto del rogo ormai spento e ho provato la dolorosa sensazione di aver visto un conoscente sfigurato dalle fiamme, che urla dolore e si dispera straziato. 
Il peggio è stato sentirsi colpevole, complice di una strage.

La strage che ha incenerito il polmone scientifico di Napoli, nato 17 anni fa a Bagnoli, nell'area dove sorgeva l'Italsider, sogno visionario ed avvenieristico di Vittorio Silvestrini. Si spiegava la scienza ai ragazzi diffondendo conoscenza, cultura e sapere, si fabbricavano metodi sperimentali di conoscenza partecipata ospitando migliaia di visitatori e turisti e nel frattempo si dava lavoro e futuro ai napoletani. Un incubatore di innovazione che ha avvicintao migliaia di giovani alle fisica e alle stelle  e ridato speranza promuovendo la partecipazione sociale ed il saper fare di Napoli.
Perito indegnamente in una notte.

Il tam tam mediatico, i collegamenti, gli elicotteri, gli inviati, un'eco lontano di voci confuse ed immagini che lasciavano attoniti, mentre dallo schermo del pc gli abiti si impregnavano di fumo rancido, di devastazione e tristezza.
Il web produceva pensieri intelligenti e riflessioni scontate ed il Sindaco nel suo primo vero lunedì di passione dichiarava "Napoli è sotto attacco!".
I giorni successivi è arrivata la solidarietà, la forza, la voglia di ricostruire e la notizia ancor più straziante dell'origine dolosa. I clan, gli interessi dei palazzinari, gli stragisti venuti dal mare ad appiccare le fiamme erano voci che si rincorrevano passando di bocca in bocca ed è stato come infilare non un dito ma un'intera mano in una ferita e girarcela ancora, ancora e ancora.

Come abbiamo potuto pensare che Gomorra, Saviano e compagnia avessero cambiato le cose?
Continuiamo a morire come in una guerra permanente, e quando sopravviviamo barcolliamo mutilati della nostra umanità e della nostra civiltà (anche scientifica) in una città confusa, che mette i rifiuti sotto il tappeto ma combatte per cambiare mentalità, che si è assuefatta al cancro criminale economicamente evoluto ma dopo il disastro sfodera cuore e coraggio per cambiare e ricostruire.
I boss assumono volti sexy ed affascinanti e se è prevista una certa equità i giudici di turno ed i carabinieri sono scelti con altrettanta perizia, ma resta a mio giudizio iniquo. Troppo.

Non è giusto.
Napoli è nostra.


Ed ora è tempo di ricostruirla.




Da Twitter:
Chi ha dato fuoco ieri notte a , ha dato fuoco a ciascuna delle nostre case! (

È stato dato fuoco a a . GIÙ LE MANI DAI NAPOLETANI!

Se brucia il sapere, il futuro diventa un inferno. La nostra cultura merita più protezione.
(

domenica 24 febbraio 2013

RICCARDO DALISI_ Progettare per il mondo reale



Girando per le sale della mostra dedicata all’opera di Riccardo Dalisi “Progettare per il mondo reale” (aperta fino al 23 febbraio presso il PAN di Napoli), mi ritornano in mente le parole pronunciate da un simpatico personaggio di uno dei capolavori cinematografici della Pixar: 

“non tutti possono diventare grandi artisti, ma un grande artista può celarsi in chiunque”

Non so se il vecchio Maestro del design napoletano abbia mai visto le avventure di Remy, topo col sogno di diventare un grande chef, raccontate in “Ratatuille”, ma di certo ne condividerebbe la filosofia.
Questa mostra è l’ennesima testimonianza del lavoro di Dalisi, volto ad opporsi all’architettura e al design “ufficiali” e, di conseguenza, al loro insegnamento confinato tra le spesso asfittiche mura delle facoltà di architettura italiane dove purtroppo, a volte, si insegna a parlare un linguaggio comprensibile ai soli addetti ai lavori. Dalisi invece, come testimoniano le innumerevoli precedenti esperienze, da quella con i bambini del Rione Traiano a quella con gli anziani di Ponticelli, a quelle più recenti con i ragazzi del Rione Sanità, crede fortemente in un approccio “Radicale” all’architettura e al design, il che comporta, di conseguenza,   un rapporto profondamente empatico con quelli che sono gli oggetti ed i luoghi del vivere; una riscoperta della manualità, dell’approccio fanciullesco all’atto creativo, una riaffermazione dell’artigianato locale inteso come riscoperta dei valori di un luogo e non come cliché turistico. Necessaria per Dalisi è la “partecipazione” alla vita della città, che non può essere circoscritta alle elites intellettuali, ma che necessita del contributo di chiunque abbia un’adeguata sensibilità.

                                                                         Dalisi's bike_ ovvero un modo alternativo di raccordare due punti nello spazio


La parte più interessante del percorso espositivo è dunque quella basata sull’interattività e sullo spirito “laboratoriale” che anima la mostra: attraverso appuntamenti settimanali Dalisi cerca di indurre nei visitatori la consapevolezza che chiunque abbia la capacità di essere potenzialmente un “creativo”.

Le sette sezioni della mostra ripercorrono le tappe fondamentali della carriera dell’Architetto/Designer nato a Potenza, ma Napoletano a pieno titolo, e del suo costante e ammirevole impegno nella salvaguardia e diffusione delle sue idee che, al di là che se ne condividano o meno gli esiti formali, hanno la capacità di farci entrare in un mondo che difficilmente da soli riusciremmo ad immaginare.
Rimane solo da chiedersi quanti dei suoi allievi sapranno fare tesoro dei suoi insegnamenti e, custodendone la passione, la visione della vita, la capacita di non uniformarsi ai voleri del mercato, avranno la capacita di generare “nuovi mondi” e quanti, invece, come spesso accade in Italia, finiranno con l’essere schiacciati sotto la personalità del Maestro, imitandone le forme ma tradendone i contenuti.

Dalisi, dal canto suo, non può certo preoccuparsi della questione più di tanto, e sembra voler dire, citando il maestro di Remy in “Ratatuille”: 
“la cucina (o l’arte, o l’architettura, o la vita in generale) non è una cosa per pavidi! Bisogna avere immaginazione, essere temerari, tentare anche l’impossibile e non permettere a nessuno di porvi dei limiti, perché siete quello che siete. Il vostro unico limite sia il vostro cuore”.

mercoledì 2 gennaio 2013

ELECTRO PARTY@ MERGELLINA

I've never been to the USA, I-I'm a slave for the minimal wage, Detroit, New York and L.A., but i'm stuck in the UK!


Ok, ve lo dico, non ce l'ho fatta, sono arrivata in ritardo. 

Me la sono cantata da sola mentre passeggiavo, mare sulla sinistra, un po' troppo vestita per paura di  un freddo che si è manifestato solo nella mia immaginazione. Ho messo piede sul lungomare liberato alle ore 3:40, con tutta calma, dopo un tour per reclutamento amici, e non ho potuto godermi lo spettacolo di Uhlmann e company. (Perché il nuovo cantante dei Planet Funk, si sa, gode di tutta la mia stima, e anche di più).
In teoria, una recensione sui Planet Funk potrei farla a memoria, ché li ho visti solo 3 volte. La quarta, ahimè, mi è sfuggita.
Arrivare in ritardo sulla tabella di marcia il giorno UNO, spero non sia troppo compromettente. Se non altro, nessun cambiamento rispetto agli anni precedenti. Mi attesto su un ritardo standard.



Un lungomare calmo. Il clima mite, un pubblico rilassato, luci ovunque, e una bella atmosfera. Forse ho perso il panico violento, ché sentivo mormorare che due ore prima non si riuscisse a camminare. Non saprei. Io ho camminato, saltato, corso tra la folla e ballato sui miei ritmi, puramente personali. Una Napoli diversa, gremita, nella quale mi sono mossa, spostata e divertita senza guardarmi le spalle, senza preoccupazioni e in una tranquillità che forse la notte di Capodanno non ho mai visto. Alle 5:00 tutti erano svegli, le bottiglie in giro erano un po' troppe, ma nessuno era molesto. I ragazzi chiacchieravano tra loro, avevano ancora voglia di fare amicizia, e si muovevano ancora seguendo traiettorie lineari.

Musica elettronica. Avrei preferito i Chemicals, si sa, ma il livello era tale da non turbare me, nè gli altri.Pacifica sintetica convivenza tra zombies della prima notte.

Un unico pessimo cocktail ha allietato la nostra serata. Confesso di averlo abbandonato accanto ad un cestino, sfavillante nel suo blu. Non capirò, e non chiederò spiegazioni, su come mai una tequila sale e limone si sia tramutata in una tequila + blu curaçao. Veleno allo stato puro. O lo stomaco, o il bicchiere. Ho scelto lo stomaco, e ho pensato che in fondo avrei dovuto impedire al barista di esprimere la sua frustrazione  fantasiosa e quantomai non richiesta attentando alla nostra incolumità. Ma non si può cominciare l'anno nuovo con spargimenti di sangue/blu. 

Due parole sui Planet Funk, che mi fa piacere in ogni caso abbiano aperto l'anno napoletano.


Ero a Riccione quando ho visto per la prima volta il nuovo Uhlmann con i consolidati compari, e dopo i primi attimi di incertezza ho capito che insieme mi avrebbero trascinato fuori dal baratro. Una piazza di un posto finto come pochi, circondata da persone attive come sagome di cartone. Perché mi trovassi in quel luogo, ancora oggi non saprei dirlo, ma per fortuna c'erano i Planet Funk. La musica, si sa, ti salva sempre.

A Cassino, agosto 2012, 100 km di strada buia, per il gusto di esplodere un po' in una fresca serata d'estate.  E la cornice di un centro commerciale che sparisce quando ti immergi nei tuoi pensieri. Un concerto merita sempre il mio tempo. La musica merita un tempo che non è mai abbastanza.

Napoli, settembre 2012. Le delusioni, nella vita, non si contano. "Ci sono i Planet Funk. Andiamo?" "Certo."
L'intro non potrebbe sembrarmi più azzeccato in quel momento: "I was just looking for happiness".  Mai frase avrebbe potuto sembrarmi più intensa e più vera. Avevo fatto di tutto per cambiare la mia vita, e mi ritrovavo addosso, in un momento, una tristezza talmente profonda da non sapere come scrollarmela di dosso. 
Ma Napoli è bella, l'arenile è fantastico, il pubblico non ha eguali nel mondo (e vorrei citare Avitabile che a Budapest urlava "chi nun zompa ten a cazzimma!"). 
La felicità è dentro di noi, si sa. Ma i Planet Funk sono dispensatori di buona energia. La loro musica nel cervello da molti anni, assorbita in maniera impercettibile, virale e naturale.  Alex Uhlmann completa il palco, e non si risparmia. Il climax si raggiunge con "These boots are made for walking". Napoli balla, e alcuni lo sanno, altri meno, che la città ha fatto da sfondo a "La kryptonite nella borsa", film di Cotroneo. E mentre ballo, e sorrido, lo posso dire, che anche nel film, per un solo indimenticabile e indispensabile secondo, io c'ero! e pure Rosaria Mainella!! E nonostante il dolore sia costante, sorrido. Non posso fare altrimenti.

In alcuni momenti ci vuole Mozart, in altri preferisco Battiato, in altri i Rage against the machine, e in altri momenti... ci vogliono i Planet Funk!

Buon anno a tutti! e che sia un anno pieno di energia positiva.






domenica 25 novembre 2012

HO VISTO UN POSTO CHE MI PIACE, SI CHIAMA MONDO


Giovedi 15 novembre 2012.


Ci sono amici che non vedi mai, quelli che vedi una o due volte all’anno, e quelli che incontri una volta nella vita. Ci sono amici con i quali condividi delle emozioni che non dimenticherai. Forse alcuni non dovresti nemmeno chiamarli amici, perché in fondo non li conosci affatto. Ma che nome vuoi che prendano quando ti mettono addosso un buonumore che dura per settimane? Non puoi che augurarti di rivederli presto, a prescindere da chi siano.

Una boccata d’aria buona, che arriva mercoledì mattina: 
“ci vieni al concerto di Cremonini?”. “Certo.”

Ok lo ammetto: non sono una fan di Cremonini… mi piacciono i Nine Inch Nails. Ma sono certa che Cesare non si offenderà se ammetto anche di aver passato la serata in piedi su una sedia a cantare le sue canzoni, ballare e scattare foto.



Spesso ci si chiede a che scopo andare al concerto di un musicista che non sia catalogato nella propria collezione di cd (perché si, io li compro ancora i cd), e come sopperire alla inevitabile mancanza di studio in base alla quale “non so le canzoni”. A prescindere dal fatto che assistere al concerto di uno sconosciuto possa essere oltremodo emozionate, c’è da dire che Cesare Cremonini, di sconosciuto, non ha proprio niente.  La sua musica è come il noise ambientale, e non c’è barriera che tenga.

TU CREDI di non conoscere le sue canzoni, metti in conto che potresti anche annoiarti, e pensi che quando gli altri canteranno tu non saprai cosa fare. INVECE NO. TU, LE CANZONI, LE CONOSCI. Si, tu quoque. Le conosci tutte e, se questo non dovesse bastare, quando il tuo cervello si riattiva, scopri che ritornelli che credevi non aver mai sentito escono fuori dalle tue labbra come dal vaso di Pandora, come nei migliori casi di possessione, con la predilezione per la lingua italiana a discapito dell’aramaico antico.



Lo spettacolo è divertente, è colorato: la teoria dei colori, che esplode sul palco e si diffonde dai monitor, attraversa il cuore dei musicisti, diversi e numerosi, e arriva ad un pubblico giovane, spensierato ed entusiasta. Un pubblico un po’ diverso da quello di Reznor & co all’idroscalo di qualche anno fa, in cui tornai a casa, felice, ma con un labbro spaccato a sangue.

Alessandro me l’aveva detto che avrei assistito ad uno spettacolo molto bello. Anche se avrei dovuto fidarmi sulla parola, è stato un vero piacere, dopo aver dubitato, dirgli che aveva ragione!



Ma i miei sorrisi, dicevo, sono cominciati mercoledi, quando Alessandro De Crescenzo mi ha detto che sarebbe arrivato a Napoli, carico dell’entusiasmo che vince sulla stanchezza in un tour, e di nero vestito.  Se una star ti chiama, molli tutto e dedichi il tuo tempo a quegli amici che vedi un paio di volte all’anno, e a quelli che non vedi mai. Alessandro suona la chitarra in giro con artisti del calibro di Cremonini e Tiziano Ferro; se vuole mangiare una pizza con te, chi sei tu per dirgli di no? Un’energia positiva mi ha pervaso istintivamente e mi ha accompagnato in due giorni di risate, di condivisione, e degli sguardi di chi assorbe il mondo quando è in viaggio. Passeggiando per le strade di Napoli con uno “straniero” hai la sensazione che voglia mangiarla, che voglia addentare, oltre che i babà, anche le pareti delle chiese, come fossero di marzapane, e il cielo blu. Una temperatura mite, e una serenità che niente avrebbe potuto turbare.  




Quanto al De Crescenzo come musicista… la sua presenza scenica è indiscussa: la sua sobrietà e la sua bravura parlano da sé. Riesce ad emergere anche dall’ombra più profonda. Alessandro sul palco c’è, e si sente. E’ chiaro, diretto, preciso e pulito. E’ d’impatto ma allo stesso tempo in perfetto equilibrio con gli altri, con la scena, col contesto. Un personaggio di un quadro di Caravaggio, calibrato, nella sua perfezione, in qualità di “miglior attore non protagonista”. Fuori dalla scena, è una persona veramente piacevole e, direbbero le mie amiche, anche piacente!

“Chris Costa, lo dico qui pubblicamente (a quei 4 lettori fissi), è stato un vero piacere conoscerla.”



Chris, che, da quanto io abbia capito, canta e suona qualunque genere di strumento e parla qualunque genere di lingua, è, anche lui, parte integrante dello spettacolo di Cremonini. I suoi capelli tendono a riempire la scena quasi quanto la scenografia ma dimostra, in compenso, un comportamento molto sobrio e compito, almeno sul palco. Tra le confessioni personali, tra un morso e l’altro ad un panino condiviso con curiosità e spirito di ingordigia, risulta che sia cresciuto in una pasticceria. L’impasto con il quale sia stato preparato e concepito il sig. Costa, è senza dubbio quello della star. Un età indefinita la sua: credo che rispecchi, il suo aspetto, esattamente il suo spirito. Capelli da clown fanno da cornice al viso di un ragazzo intelligente, sveglio, e di una simpatia travolgente.

Che fosse un buon musicista e un bravo artista, non l’ho dubitato nemmeno per un secondo. Quando poi ho ascoltato la sua voce e le sue canzoni, sono rimasta veramente incantata, ma questa, è un’altra storia.

Raccontare l’energia positiva di un paio di giorni di “musica” mi pare assolutamente impossibile, come impossibile ripetere le lezioni di napoletano impartite ad un veneto ed un altoatesino con tanto di espressioni volgari e poco consone ad un pubblico “perbene”.


Mi pareva giusto, però, dare a CESARE, quel che è di Cesare!