Giovedi 15 novembre 2012.
Ci sono amici che non vedi mai, quelli che vedi una o due
volte all’anno, e quelli che incontri una volta nella vita. Ci sono amici con i
quali condividi delle emozioni che non dimenticherai. Forse alcuni non dovresti
nemmeno chiamarli amici, perché in fondo non li conosci affatto. Ma che nome
vuoi che prendano quando ti mettono addosso un buonumore che dura per
settimane? Non puoi che augurarti di rivederli presto, a prescindere da chi
siano.
Una boccata d’aria buona, che arriva mercoledì mattina:
“ci
vieni al concerto di Cremonini?”. “Certo.”
Ok lo ammetto: non sono una fan di Cremonini… mi piacciono i
Nine Inch Nails. Ma sono certa che Cesare non si offenderà se ammetto anche di
aver passato la serata in piedi su una sedia a cantare le sue canzoni, ballare
e scattare foto.
Spesso ci si chiede a che scopo andare al concerto di un
musicista che non sia catalogato nella propria collezione di cd (perché si, io
li compro ancora i cd), e come sopperire alla inevitabile mancanza di studio in
base alla quale “non so le canzoni”. A prescindere dal fatto che assistere al
concerto di uno sconosciuto possa essere oltremodo emozionate, c’è da dire che
Cesare Cremonini, di sconosciuto, non ha proprio niente. La sua musica è come il noise ambientale, e
non c’è barriera che tenga.
TU CREDI di non conoscere le sue canzoni, metti in conto che
potresti anche annoiarti, e pensi che quando gli altri canteranno tu non saprai
cosa fare. INVECE NO. TU, LE CANZONI, LE CONOSCI. Si, tu quoque. Le conosci tutte
e, se questo non dovesse bastare, quando il tuo cervello si riattiva, scopri
che ritornelli che credevi non aver mai sentito escono fuori dalle tue labbra
come dal vaso di Pandora, come nei migliori casi di possessione, con la
predilezione per la lingua italiana a discapito dell’aramaico antico.
Lo spettacolo è divertente, è colorato: la teoria dei
colori, che esplode sul palco e si diffonde dai monitor, attraversa il cuore
dei musicisti, diversi e numerosi, e arriva ad un pubblico giovane, spensierato
ed entusiasta. Un pubblico un po’ diverso da quello di Reznor & co
all’idroscalo di qualche anno fa, in cui tornai a casa, felice, ma con un
labbro spaccato a sangue.
Alessandro me l’aveva detto che avrei assistito ad uno
spettacolo molto bello. Anche se avrei dovuto fidarmi sulla parola, è stato un
vero piacere, dopo aver dubitato, dirgli che aveva ragione!
Ma i miei sorrisi, dicevo, sono cominciati mercoledi, quando
Alessandro De Crescenzo mi ha detto che sarebbe arrivato a Napoli, carico
dell’entusiasmo che vince sulla stanchezza in un tour, e di nero vestito. Se una star ti chiama, molli tutto e dedichi
il tuo tempo a quegli amici che vedi un paio di volte all’anno, e a quelli che
non vedi mai. Alessandro suona la chitarra in giro con artisti del calibro di Cremonini
e Tiziano Ferro; se vuole mangiare una pizza con te, chi sei tu per dirgli di
no? Un’energia positiva mi ha pervaso istintivamente e mi ha accompagnato in
due giorni di risate, di condivisione, e degli sguardi di chi assorbe il mondo
quando è in viaggio. Passeggiando per le strade di Napoli con uno “straniero”
hai la sensazione che voglia mangiarla, che voglia addentare, oltre che i babà,
anche le pareti delle chiese, come fossero di marzapane, e il cielo blu. Una
temperatura mite, e una serenità che niente avrebbe potuto turbare.
Quanto al De Crescenzo come musicista… la sua presenza
scenica è indiscussa: la sua sobrietà e la sua bravura parlano da sé. Riesce ad
emergere anche dall’ombra più profonda. Alessandro sul palco c’è, e si sente. E’
chiaro, diretto, preciso e pulito. E’ d’impatto ma allo stesso tempo in
perfetto equilibrio con gli altri, con la scena, col contesto. Un personaggio
di un quadro di Caravaggio, calibrato, nella sua perfezione, in qualità di
“miglior attore non protagonista”. Fuori dalla scena, è una persona veramente
piacevole e, direbbero le mie amiche, anche piacente!
“Chris Costa, lo dico qui pubblicamente (a quei 4 lettori
fissi), è stato un vero piacere conoscerla.”
Chris, che, da quanto io abbia capito, canta e suona
qualunque genere di strumento e parla qualunque genere di lingua, è, anche lui,
parte integrante dello spettacolo di Cremonini. I suoi capelli tendono a
riempire la scena quasi quanto la scenografia ma dimostra, in compenso, un
comportamento molto sobrio e compito, almeno sul palco. Tra le confessioni
personali, tra un morso e l’altro ad un panino condiviso con curiosità e
spirito di ingordigia, risulta che sia cresciuto in una pasticceria. L’impasto
con il quale sia stato preparato e concepito il sig. Costa, è senza dubbio
quello della star. Un età indefinita la sua: credo che rispecchi, il suo
aspetto, esattamente il suo spirito. Capelli da clown fanno da cornice al viso di
un ragazzo intelligente, sveglio, e di una simpatia travolgente.
Che fosse un buon musicista e un bravo artista, non l’ho
dubitato nemmeno per un secondo. Quando poi ho ascoltato la sua voce e le sue
canzoni, sono rimasta veramente incantata, ma questa, è un’altra storia.
Raccontare l’energia positiva di un paio di giorni di
“musica” mi pare assolutamente impossibile, come impossibile ripetere le
lezioni di napoletano impartite ad un veneto ed un altoatesino con tanto di
espressioni volgari e poco consone ad un pubblico “perbene”.
Mi pareva giusto, però, dare a CESARE, quel che è di Cesare!
bella l'idea di raccontare il concerto anche dalla parte degli attori non protagonisti,..... per il resto, si, le canzoni del cremonini, per quanto ci costi ammetterlo, fanno parte della nostra vita come la nutella, le noccioline al cinema, e la coppetta di gelato d'estate; si puo anche sopravvivere senza ma sarebbe una vita con molto meno sapore
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