sabato 6 aprile 2013

VENTINOVE, una giornata del cazzo...E IL MONDO NON C'è PIù

Titolo il post per citazioni, se Riccardo Ceres me lo concede, e sintetizzo due emozioni, diverse e difficili da raccontare: quella di aver assistito al  reading natalizio “VENTINOVE, UNA GIORNATA DEL CAZZO”, e quella di aver metabolizzato il suo ultimo disco               “E IL MONDO NON C’è Più”.

Scrivere di un evento di Natale a Pasqua è nel mio stile. Ma il tempo, si sa, è relativo.

E con i tempi lunghi di chi assimila con calma, come l’insulina (retard) che si somministra per la notte, a rilascio lento, a riequilibrare una dolcezza nascosta nel sangue, a cinque mesi dall’uscita del disco, dipendente come da ogni nota che smuova il mio interesse, posso dire di averlo ascoltato molto, e sempre di più. Del resto “quaggiù”, direbbe lui, “siam solo diabetici poeti ed usurai”.

Ben lontano dall’essere, e soprattutto dal voler essere, un fenomeno di massa, accattivante e seducente, mi stupisce ogni volta la facilità con la quale alcune delle sue espressioni mi si ripropongano nelle situazioni più disparate, radicate e inchiodate inconsapevolmente nel cervello delle persone che mi stanno intorno, le quali, già dai primi ascolti, titubanti e diffidenti, non possono fare a meno di assorbirlo e di citarlo.


                                                                                                           
Se l’atmosfera dark si mantiene costante, è senza dubbio più rarefatta rispetto al disco precedente.                
La copertina è bianca, ed è anche un po’ delicata, stordita ormai dalle mie impronte, la dedica un po’ sbavata, e dal continuo sballottamento tra macchina, casa ed ufficio....

domenica 10 marzo 2013

Napoli è nostra e Città della scienza pure!

La politica di questo blog è evitare le polemiche! 
Mi spiego, non demoliamo ma costruiamo.
Stavolta tuttavia vorrei urlare, sono indignata, esterrefatta, arrabbiata ed anche spaventata.
E sono in lutto. Siamo in lutto. Città della scienza è morta.

Ho preso tempo, ho dovuto metabolizzare la notizia augurandomi che non esistesse dolo o colpa, ma fosse un accidentale scherzo del destino. Non è stato così. 
Ho guardato le foto del rogo ormai spento e ho provato la dolorosa sensazione di aver visto un conoscente sfigurato dalle fiamme, che urla dolore e si dispera straziato. 
Il peggio è stato sentirsi colpevole, complice di una strage.

La strage che ha incenerito il polmone scientifico di Napoli, nato 17 anni fa a Bagnoli, nell'area dove sorgeva l'Italsider, sogno visionario ed avvenieristico di Vittorio Silvestrini. Si spiegava la scienza ai ragazzi diffondendo conoscenza, cultura e sapere, si fabbricavano metodi sperimentali di conoscenza partecipata ospitando migliaia di visitatori e turisti e nel frattempo si dava lavoro e futuro ai napoletani. Un incubatore di innovazione che ha avvicintao migliaia di giovani alle fisica e alle stelle  e ridato speranza promuovendo la partecipazione sociale ed il saper fare di Napoli.
Perito indegnamente in una notte.

Il tam tam mediatico, i collegamenti, gli elicotteri, gli inviati, un'eco lontano di voci confuse ed immagini che lasciavano attoniti, mentre dallo schermo del pc gli abiti si impregnavano di fumo rancido, di devastazione e tristezza.
Il web produceva pensieri intelligenti e riflessioni scontate ed il Sindaco nel suo primo vero lunedì di passione dichiarava "Napoli è sotto attacco!".
I giorni successivi è arrivata la solidarietà, la forza, la voglia di ricostruire e la notizia ancor più straziante dell'origine dolosa. I clan, gli interessi dei palazzinari, gli stragisti venuti dal mare ad appiccare le fiamme erano voci che si rincorrevano passando di bocca in bocca ed è stato come infilare non un dito ma un'intera mano in una ferita e girarcela ancora, ancora e ancora.

Come abbiamo potuto pensare che Gomorra, Saviano e compagnia avessero cambiato le cose?
Continuiamo a morire come in una guerra permanente, e quando sopravviviamo barcolliamo mutilati della nostra umanità e della nostra civiltà (anche scientifica) in una città confusa, che mette i rifiuti sotto il tappeto ma combatte per cambiare mentalità, che si è assuefatta al cancro criminale economicamente evoluto ma dopo il disastro sfodera cuore e coraggio per cambiare e ricostruire.
I boss assumono volti sexy ed affascinanti e se è prevista una certa equità i giudici di turno ed i carabinieri sono scelti con altrettanta perizia, ma resta a mio giudizio iniquo. Troppo.

Non è giusto.
Napoli è nostra.


Ed ora è tempo di ricostruirla.




Da Twitter:
Chi ha dato fuoco ieri notte a , ha dato fuoco a ciascuna delle nostre case! (

È stato dato fuoco a a . GIÙ LE MANI DAI NAPOLETANI!

Se brucia il sapere, il futuro diventa un inferno. La nostra cultura merita più protezione.
(