sabato 6 aprile 2013

VENTINOVE, una giornata del cazzo...E IL MONDO NON C'è PIù

Titolo il post per citazioni, se Riccardo Ceres me lo concede, e sintetizzo due emozioni, diverse e difficili da raccontare: quella di aver assistito al  reading natalizio “VENTINOVE, UNA GIORNATA DEL CAZZO”, e quella di aver metabolizzato il suo ultimo disco               “E IL MONDO NON C’è Più”.

Scrivere di un evento di Natale a Pasqua è nel mio stile. Ma il tempo, si sa, è relativo.

E con i tempi lunghi di chi assimila con calma, come l’insulina (retard) che si somministra per la notte, a rilascio lento, a riequilibrare una dolcezza nascosta nel sangue, a cinque mesi dall’uscita del disco, dipendente come da ogni nota che smuova il mio interesse, posso dire di averlo ascoltato molto, e sempre di più. Del resto “quaggiù”, direbbe lui, “siam solo diabetici poeti ed usurai”.

Ben lontano dall’essere, e soprattutto dal voler essere, un fenomeno di massa, accattivante e seducente, mi stupisce ogni volta la facilità con la quale alcune delle sue espressioni mi si ripropongano nelle situazioni più disparate, radicate e inchiodate inconsapevolmente nel cervello delle persone che mi stanno intorno, le quali, già dai primi ascolti, titubanti e diffidenti, non possono fare a meno di assorbirlo e di citarlo.


                                                                                                           
Se l’atmosfera dark si mantiene costante, è senza dubbio più rarefatta rispetto al disco precedente.                
La copertina è bianca, ed è anche un po’ delicata, stordita ormai dalle mie impronte, la dedica un po’ sbavata, e dal continuo sballottamento tra macchina, casa ed ufficio....
E’ delicata come sono i sentimenti, sempre, a prescindere dal fatto che siano giusti o sbagliati. Sbagliati poi… non si sa per chi.

“L’amore” è forza e passione, “è sentimento”, “stilla goccia a goccia”, “dopo un poco se ne va”. E’ presente in ogni momento, che si tratti di cuore o di carne. Brucia cuscini “con lacrime ed inchiostro”, e lascia un segno che è profondo e indelebile.

La notte, e la pioggia, fanno da sfondo obbligato. Filtrate, ovviamente, dalla tesa del suo cappello.

La lussuria che è del diavolo ha un posto in prima linea e, se c'è da perdere, che si perda fino in fondo, con ardore e con violenza.
IN GIRUM IMUS NOCTE ET CONSUMIMUR IGNI, con la magia che è degli incontri, dei riti e della notte, e la potenza dei sussurri e dei respiri.

E se la notte brucia, fuori diluvia, la “lingua schiocca” e i piaceri della carne soddisfano i peccatori più esigenti, non ci si sorprenda nemmeno per un istante se tutto a un tratto ci si ritrova a spogliare margherite, seduti in una stanza. La lavatrice danza…
E IL MONDO NON C’è Più.



Quanto al giorno di  Natale, che la scelta sia stata casuale o programmata, devo ammettere che rappresenti per me, soprattutto negli ultimi anni, una insostenibile ed asmatica giornata del cazzo.
La prospettiva di una via di fuga da panettoni e minestre di circostanza, da datteri e noccioline e frutta candita e tombolate improbabili, per passare la serata in un posto buio con un uomo nero, non avrebbe potuto apparirmi che assolutamente entusiasmante.

Il Teatro Civico 14, pronto per il reading.


Atmosfera cupa, una sedia, un microfono, e Riccardo Ceres in paltò d’occasione. Cappello immancabile, in piedi nei suoi due metri. Alle sue spalle proiezioni raffiguranti le vicissitudini di un molto rassomigliante e “autobiografico” uomo barbuto di nome Tommaso.

“Un pianoforte, un grosso debito da ripagare, un affare, due turiste tedesche o forse olandesi, una Ford Taunus marrone, una piramide, un aeroporto, gli innumerevoli semafori della capitale, un autolavaggio cinese, don Armando alias o’killer, aglianico, porchetta, stuzzichini per le occasioni solenni, sesso, afa, speranze e sangue fino a notte fonda per poi risvegliarsi e poter raccontare l’ennesima giornata del cazzo.”

Così recita la presentazione, ponendo l’attenzione su una serie di elementi apparentemente slegati e distanti, che prendono forma e vita e si incastrano perfettamente, man mano che la lettura va avanti,  in una trama ricca, ma lineare e chiara.

Per chi insegue le parole, per chi ricerca le sfumature e scava a fondo nei significati, per chi con le parole vive, lavora e  combatte tutti i giorni, non è sempre facile mantenere un equilibrato livello di semplicità, quella semplicità che permetta, a chi ascolta per la prima volta, di non perdersi.
Il ritmo del racconto è veloce e avvincente, i pensieri chiari e la comunicazione mai volgare oltre i limiti. Chi ascolta visualizza le situazioni, immagina i dettagli, e prevedere, sbagliando, gli sviluppi successivi. Nessuno sa come andrà a finire. Tensione, attenzione e sorrisi in sala, confermano la sua bravura come performer, oltre che come scrittore. 

Niente a che vedere, insomma, con i soliti Sgrooge da Natali presenti passati e futuri. Solo Tommaso, che in un giorno intenso di “caldo e sangue freddo”, (fuori stagione come la mia recensione), un po’ vive e un po’ si lascia trasportare dagli eventi, in quell’ incertezza che è propria dei momenti di difficoltà nei quali non c’è tempo per riflettere.  

In una Roma afosa d’estate, tutto sembra un po’ deformato dal clima, dal vino e dalla tensione. Le circostanze avverse e quelle perverse si mischiano, ma i dettagli fanno sempre la differenza. E se per cena ci sono stuzzichini, non c’è niente di più chic che apparecchiare un pianoforte; i piedi piccoli di una donna e gli specchi che rivelano segrete nudità, sono immagini alle quali non si può resistere. Quanto ai duelli, agli scontri, al sangue, ai personaggi poco raccomandabili e alle situazioni non troppo legali, la colpa, in quel caso, è della vita!



Ma alla fine c’è sempre un disegno, e il disegno di Ceres è pulito, definito ed elegante, anche negli aspetti più crudi e disarmanti di una giornata del cazzo!

Al limite tra noia e pericolo, tra rabbia e sentimento, tra paura e desiderio, tra ingenuità e rari sprazzi di fortuna, una giornata, in fondo, va sempre vissuta. Ma soprattutto… vale sempre la pena che lui ce la racconti, con i fogli sciolti tra le mani,  la voce intensa, e seria, e consapevole, di chi regala agli altri (e sono certa che Natale non c’entra) un pezzo di sé.




Nessun commento:

Posta un commento