Non parlare male. Non parlare male. Non parlare male.
Ok, l’Olimpico è una merda. Non si vede niente, (e quello potrebbe pure essere un mio problema,
che nella prossima vita, è risaputo, voglio rinascere Karim Rashid, anche per la
stazza) ma si sente anche peggio. Ho fatto amicizia/litigato con tutti i
ragazzi di un’altezza superiore al metro e novanta che puntualmente mi hanno
tolto aria e spazio vitale. Devo ammettere, tuttavia, di aver riscontrato una
certa disponibilità e un certo spirito di collaborazione nel pubblico. Numerosi
i “ti sollevo?”, prontamente rifiutati, che sono stati in ogni caso di conforto.
Dave Gahan in piena forma. Bello come il sole, addominali
scolpiti, pantaloni stretti e gilet di paillettes. Sobrio come pochi in quella
mise, ed elegante. Mai altro uomo in tessuto laminato fu più sexy di lui. Più sinuose
di quanto ricordassi le sue movenze di bacino. Ad un amico che ci ha tenuto a
ricordarmi che nella vita non posso avere tutto, ho risposto che“ me lo prenderei anche cosi com'é in
effetti. La mattina potrei chiedergli di leggermi l'oroscopo. E sarebbe già un
buon risveglio. Potrei fargli compagnia tra i
lustrini e dirgli: “tesoro, più brilli più sei fantastico!”
Due ore di concerto, che sono sembrate un tempo
infinitesimale. Il momento più intenso, a mio avviso, una “I FEEL YOU”
vibrante, in cui mi sono lasciata un po’ andare a fisici scioglilingua da
bellydancer. “SHAKE THE DISEASE” ha rubato l’anima a tutti. WALKING IN MY SHOES mi è stata rubata invece
ancora un volta, poichè si da il caso che lo spettatore immediatamente dietro
di me abbia ben pensato di urlare a squarciagola coprendo ogni qualsivoglia
suono umano.
La scaletta ufficiale, sbirciata adesso da altri siti, riporta
24 canzoni. Non posso credere che siano state cosi tante. La lista di quelle
che avrei voluto è cosi lunga che sarebbe veramente inutile stare qui a
riportarla.
Heaven è la canzone da primo ascolto, quella di cui ti
innamori da subito. Per le altre, aspetto che vengano metabolizzate. Esplosione su “soothe my soul”. Un inizio “slow”
di “PERSONAL JESUS” lascia presagire la violenza, che si scatena
sulle parole magiche che tutti quanti aspettiamo, quasi in tensione, per
iniziare finalmente a saltare!
Un pogo violento, in cui non mi trovavo da molti anni.
Non ho apprezzato le immagini dei cagnolini sullo sfondo di “PRECIOUS”,
ma credo che me ne farò una ragione.
Un biglietto comprato il giorno prima, un viaggio
organizzato all’improvviso, e nel cuore la delusione pregressa dell’ultimo
concerto all’Olimpico, iniziato mezz’ora prima dell’orario ufficiale.
Un finale improvviso e le luci accese sullo stadio ci hanno
lasciato “di princisbecco”. (E un po’ tristi).
E mentre si va via, mai voltarsi! (chiedere a Orfeo).
Bisogna solo chiudere gli occhi, e fidarsi.
REACH OUT
AND TOUCH FAITH!
Nessun commento:
Posta un commento