mercoledì 6 febbraio 2013

DJANGO UNCHAINED


"La nascita di una nazione", "Il grande silenzio", "Mandingo", "Addio zio Tom", e poi naturalmente tutta la serie di Django, l'immancabile "Il buono il brutto e il cattivo", "Trinità" e ancora "il passo" di Lucky Luke a cavallo, il nome di Edvin S. Porter sul manifesto dei ricercati, il foro di proiettile sulle carte da gioco come ne "Il mercenario" e via così fino all'infinito. L’uscita nelle sale di Django Unchained di Tarantino ha scatenato  la caccia alle citazioni presenti nell'ultima fatica del regista di Pulp Fiction e Kill Bill.

Quentin lo sa,  e per non deludere i fan, cita, ruba, piazza la musica adatta al punto giusto, strizza un occhio a Corbucci e l'altro a Kurosawa, resuscita generi ormai defunti, riabilita personaggi ormai in declino, fa incontrare il nuovo e il vecchio Django in una scena tanto inutile alla trama del film quanto chiacchierata in internet, e soprattutto rende onore ai suoi adolescenziali pomeriggi passati in una videoteca a guardare VHS che nessuno noleggiava, con un doppio cheeseburger in una mano e una bibita gigante nell'altra.

Django Unchained, storia di uno schiavo liberato che, con gli insegnamenti e la complicità  di un cacciatore di taglie, si riscatterà dalle angherie subite dall'uomo bianco fino a liberare l'amata tenuta in catene dai cattivi di turno, continua il filone iniziato con “Kill Bill”, proseguito con il troppo sottovalutato "Grindhouse", e con il forse troppo sopravvalutato "Bastardi senza gloria",  incentrato  sul tema della vendetta che implica sempre copiosi spargimenti di sangue, mutilazioni multiple, e continuo susseguirsi di scene "cult" (la parola più usata per commentare i film di Tarantino, non senza ragione).

La trama regge, il ritmo è  quello tipico del regista americano, i 165 minuti del film sono quasi tutti godibili, il cast è perfettamente in parte, con Christoph Waltz/cacciatore di taglie che si ritaglia di diritto un posto d'onore tra i più riusciti personaggi tarantiniani, le scene e le frasi  che imperverseranno sui siti e social network nei prossimi anni non mancano, regia, fotografia, scenografie, montaggio e scelte musicali sono tutte degne della fama che Tarantino si è guadagnato in questi anni e difficilmente chi andrà a vedere il film ne rimarrà deluso.
Allora forse quello che manca è la freschezza che contraddistingueva le prime due opere del regista (Le iene e Pulp Fiction), che restano gli apici della sua produzione, quella capacità di inventare un mondo del tutto nuovo (pieno di citazioni, ma nuovo).

La metafora più calzante può essere quella di un ristorante che ti strabilia la prima volta che ci vai per il suo modo di servirti piatti che già conoscevi in una maniera del tutto nuova, ma dove poi quando ci ritorni, pur non rimanendo deluso, ti accorgi che ormai il cuoco per paura di perdere clienti replica solo i suoi piatti migliori o nella migliore delle ipotesi ci aggiunge solo piccole variazioni che non ne cambiano di troppo il gusto.

Naturalmente poi se alla fine tutto si conclude con la colonna sonora di "Trinità", l'adolescente che abita in te, non può non alzarsi soddisfatto dalla sedia e pagare il conto applaudendo il mago che non poteva che concludere lo spettacolo  con il numero del coniglio e sebbene sapevi fin dall'inizio che il cilindro stava lì apposta per quello te ne stupisci sempre e ti domandi come fa.


Nessun commento:

Posta un commento