giovedì 26 aprile 2012

Tatoo's SymBol*



“Ai miei tempi non si contavano i disoccupati. Si contavano gli occupati, si faceva prima”.
Parafrasando questo tipico esempio di praticità napoletana del prof. Bellavista-De Crescenzo, si potrebbe dire: “Oggi non si contano più i tatuati. Si contano i non-tatuati, si fa prima”!
Se prima infatti marchiare la propria pelle con ago e inchiostro era una prerogativa di un certo strato sociale (galeotti e simili) che usava tenere nascosto agli altri quello che era a tutti gli effetti un simbolo distintivo, oggi il tatuaggio ha la stessa diffusione di un paio di scarpe firmate.



Si sceglie di farlo perché “è bello, sta bene in certi punti, si porta”. E come quasi tutte le cose che da esclusive diventano commerciali, nella stragrande maggioranza dei casi si è sminuito anche il valore principe del tatuaggio: l’importanza affettiva.
Fino a quindici-vent’anni fa i tatuaggi erano non troppo grandi, monocolore, e ritraevano una data importante, le iniziali di una persona speciale, un animale che indicasse il proprio carattere, o il segno zodiacale. Un modo per esprimere una parte di sé, e della propria vita. Negli ultimi tempi, invece, proprio come fosse un indumento o un taglio di capelli, anche il tatuaggio prolifera secondo leggi del mercato dettate dal passaparola. Qualche anno fa andava l’ideogramma giapponese? Tutti a fare l’ideogramma giapponese. Poi il tribale sulla gamba? Tutti a fare il tribale. La data di nascita in numeri romani? Tutti con la data di nascita in numeri romani. Manco fosse un taglio di capelli!


E anche le dimensioni sono cambiate parecchio: se prima il tatuaggio era qualcosa di poco invadente, e si prediligevano posti non eccessivamente esposti, da lasciare intravedere, ora basta dare un’occhiata a calciatori, tronisti e simili per assistere ad un tripudio di braccia, gambe e colli completamente coperte da fiori, nomi, volti, stelle e quant’altro, tutto rigorosamente multicolore.
Come evolveranno i tatuaggi? Difficile dirlo. Tra il tatuaggio e l’occupazione di cui parlava De Crescenzo c’è però una differenza sostanziale da non sottovalutare: una può andare e venire. L’altro, a meno di costosi interventi laser, resta. E lì si valuteranno le conseguenze del bivio: piccolo, importante e seminascosto, o immenso, puramente decorativo ed ostentato? La scelta è puramente personale. Di certo a vent’anni può anche fare figo avere un braccio completamente ricoperto di tribali arcobaleno. Ma a sessanta, con il tono muscolare e le rughe tipiche di quell’età, con un nipotino tra le braccia, magari l’effetto non sarà lo stesso…



flavio alaia (theeveningcoffeebreak)

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