Le stelle, si sa, brillano di
luce propria; ma se poi possono scegliere di risplendere anche di lustrini,
strass e paillettes … perché impedirglielo? Poche cose assumono più valore di
una scatolina di polvere d’oro nei camerini di uno spettacolo di danza orientale.
Non c’è serata in cui non abbia sentito almeno una volta le ragazze chiedersi
tra loro: “hai dei brillantini per favore?” Chissà, forse che luccicare faccia
sentire più star? Fatto sta che dopo il trucco manca sempre qualcosa: quel
tocco di magia che dia nuova luce al kajal, e che si intoni col bagliore più o
meno ricercato dei costumi di scena. Polvere di stelle per diventare stelle. E’
chiaro, c’è chi ne ha bisogno, e chi, ovviamente, potrebbe anche farne a meno.
Amir Thaleb sale sul palco
allestito in suo onore, nella serata di gala per il suo arrivo trionfale a
Napoli, in una tenuta sobria: bianco e argento, appena appena tempestata di paillettes. Certo è che lui, dall’alto
della sua esperienza, avrebbe potuto presentarsi anche in pigiama, e sono più
che sicura che nessuno, anche in quel caso, sarebbe riuscito a sfuggire al
fascino ipnotico delle sue perfomances. Pochi gli sguardi straniti, pochi gli spettatori
estranei al contesto, ma pochi anche i secondi
che i meno avvezzi impiegano per lasciarsi trasportare dall’energia del
maestro.
Decisamente banale, e scontato
alquanto, parlare della sua tecnica, della sua interpretazione o della sua
presenza scenica; così come dei giri che probabilmente non imparerò mai, della
naturalezza nell’essere sensuali, consapevoli, presenti e allo stesso tempo
impeccabili. A quei pochi che non sanno di cosa io stia parlando basteranno
pochi click, e l’arcano sarà svelato. Quello che non riusciranno a trovare su
youtube, invece, è qualcosa di diverso: l’intelligenza particolare di Amir, la sua
presenza fuori dalla scena, il suo sorriso gioviale, la sua espressione nel
guardare divertito e curioso danzatrici più o meno esperte senza alcuna noia,
senza superbia, con gioia e complicità, in un clima di empatia raro e sottile; la
disinvoltura con la quale l’ospite d’onore ha condiviso il corridoio con le sue
allieve, e il suo modo, discreto, di osservarle, con un rispetto che ho visto raramente
negli occhi degli insegnanti. L’attenzione di chi cerca di cogliere e portare
con sé un dettaglio, uno spunto, un particolare, malgrado il dietro le quinte
di uno spettacolo possa risultare una situazione ormai sintetizzata nel suo
DNA. Ma l’importante, si sa, è saper guardare.
Non una parola tra noi. Non avrei
saputo cosa dire, e probabilmente non ne ho neanche sentito l’esigenza. Pochi
secondi, come sempre, per capire che ciò che caratterizza le persone più
dotate, i virtuosi, i geni, gli artisti, quelli veri, non è la presenza scenica,
né la bravura sul palco, ma la semplicità con la quale si esprimono quando
scendono dal palco.
Loro, quelli che risplendono
davvero, la polvere di stelle la usano solo per divertimento o per abbagliare
un po’ gli ingenui, perché la superiorità
è talmente autoevidente che forse non avrebbe alcun senso neanche per loro, se
non la mettessero a disposizione degli altri.
E noi… ovviamente, ne siamo ben contenti!
Un ringraziamento particolare ad Halima e Eddy Sham, che hanno organizzato e gestito con grande cura e professionalità la serata di gala del 20 ottobre all'hotel Ramada e le sei ore indimenticabili di lezione con il grande maestro Amir Thaleb, è veramente doveroso!