mercoledì 31 luglio 2013

TRICKY @ ARENILE RELOAD (NAPOLI)

25 luglio_ Arenile Reload_ Tricky.



Travolta da un insolito destino nell’azzurro mare di fine luglio, mi scuso.

Serata afosa, che neanche il mare di Bagnoli riesce a tirarti su il morale. Un palco piccolo ad attendere, e una spiaggia un po’ più affollata.

Pochi intimi, oserei dire, per un concerto al quale valeva comunque la pena essere presenti.

Ben lontani da uno spettacolo standard. La divisione tra palco e pubblico non esiste. Siamo pochi, è vero, ma non è detto che dobbiamo stare tutti insieme! Tricky si da, si concede, e si regala, dal primo istante.  Tutti sul palco a ballare alla prima canzone. Ottimo inizio e grande condivisione. Si certo, anche Iggy Pop  invita sempre sul palco un paio di persone mentre costantemente gli cascano i pantaloni... ma qui siamo a Napoli, e sul palco c’è una festa. Forse un po’ troppo passivo e tossico il pubblico spettatore. Contrasto violento tra quelli che ballano e abbracciano Tricky e si abbracciano, e quelli un po’ spenti che osservano, alcuni molto divertiti, altri un po’ increduli, ma in ogni caso troppo immobili e statici.

Il clima è quasi familiare.  Da una canzone si passa all’altra senza troppi tecnicismi. La musica si ferma, riprende. Non c’è una cura meticolosa per le luci, né per i suoni, né per la scaletta, né per la scena. Ci sono loro, e c’è musica. Passione, ed energia. Quanto basta.

 “Tricky  è napoletano come noi”, la presentazione che gli viene fatta prima dell’inizio del concerto. Napoletano, ma di quelli “carnali”. Si lascia toccare, scende tra il pubblico, si gode la musica in prima persona. Balla, si scatena e si diverte. Dopo il concerto, viene a bere qualcosa al bar.



Nero fascio di nervi dalla voce profonda, ho l’impressione che non sia sul palco giusto. Ho idea che per lui sia troppo poco. Forse lo è anche per me che lo guardo. Niente è “perfetto” come dovrebbe. E’ tutto spartano, ma credo che lui non si offenda.  E se lui non si offende, non mi offendo nemmeno io.
Arriva fino in fondo, e si esprime lo stesso. L’energia e il desiderio di condivisione non hanno a che vedere con sintetizzatori e amplificatori hi- tech (almeno in parte).

Picchi altissimi ci sono, con chitarre e bassi da fare invidia ai migliori Rage Against the Machine, e momenti più soft in cui anche i meno drogati si godono quell’atmosfera dark e mai eccessivamente inquietante.
Un incrocio di sguardi contenti a fine concerto: “Qualcosa non ha funzionato”. “Si,  vero. Non importa, è stato bello lo stesso.”




Tricky, microfono sul cuore a simulare i battiti, rimarrà sempre, nei miei ricordi, una bellissima immagine.

lunedì 22 luglio 2013

REACH OUT AND TOUCH FAITH! Depeche Mode @ Roma

Non parlare male. Non parlare male. Non parlare male.

Ok, l’Olimpico è una merda. Non si vede niente,  (e quello potrebbe pure essere un mio problema, che nella prossima vita, è risaputo, voglio rinascere Karim Rashid, anche per la stazza) ma si sente anche peggio. Ho fatto amicizia/litigato con tutti i ragazzi di un’altezza superiore al metro e novanta che puntualmente mi hanno tolto aria e spazio vitale. Devo ammettere, tuttavia, di aver riscontrato una certa disponibilità e un certo spirito di collaborazione nel pubblico. Numerosi  i “ti sollevo?”, prontamente rifiutati,  che sono stati in ogni caso di conforto.



Dave Gahan in piena forma. Bello come il sole, addominali scolpiti, pantaloni stretti e gilet di paillettes. Sobrio come pochi in quella mise, ed elegante. Mai altro uomo in tessuto laminato fu più sexy di lui. Più sinuose di quanto ricordassi le sue movenze di bacino. Ad un amico che ci ha tenuto a ricordarmi che nella vita non posso avere tutto, ho risposto che“ me lo prenderei anche cosi com'é in effetti. La mattina potrei chiedergli di leggermi l'oroscopo. E sarebbe già un buon risveglio. Potrei fargli compagnia tra i lustrini e dirgli: “tesoro, più brilli più sei fantastico!”

Due ore di concerto, che sono sembrate un tempo infinitesimale. Il momento più intenso, a mio avviso, una “I FEEL YOU” vibrante, in cui mi sono lasciata un po’ andare a fisici scioglilingua da bellydancer. “SHAKE THE DISEASE” ha rubato l’anima a tutti.  WALKING IN MY SHOES mi è stata rubata invece ancora un volta, poichè si da il caso che lo spettatore immediatamente dietro di me abbia ben pensato di urlare a squarciagola coprendo ogni qualsivoglia suono umano.  




La scaletta ufficiale, sbirciata adesso da altri siti, riporta 24 canzoni. Non posso credere che siano state cosi tante. La lista di quelle che avrei voluto è cosi lunga che sarebbe veramente inutile stare qui a riportarla.
Heaven è la canzone da primo ascolto, quella di cui ti innamori da subito. Per le altre, aspetto che vengano metabolizzate.  Esplosione su “soothe my soul”. Un inizio “slow” di “PERSONAL  JESUS”  lascia presagire la violenza, che si scatena sulle parole magiche che tutti quanti aspettiamo, quasi in tensione, per iniziare finalmente  a saltare!
Un pogo violento, in cui non mi trovavo da molti anni.

Non ho apprezzato le immagini dei cagnolini sullo sfondo di “PRECIOUS”, ma credo che me ne farò una ragione.

Un biglietto comprato il giorno prima, un viaggio organizzato all’improvviso, e nel cuore la delusione pregressa dell’ultimo concerto all’Olimpico, iniziato mezz’ora prima dell’orario ufficiale.

Un finale improvviso e le luci accese sullo stadio ci hanno lasciato “di princisbecco”. (E un po’ tristi).

E mentre si va via, mai voltarsi! (chiedere a Orfeo).





Bisogna solo chiudere gli occhi, e fidarsi.


REACH OUT AND TOUCH FAITH!