domenica 24 febbraio 2013

RICCARDO DALISI_ Progettare per il mondo reale



Girando per le sale della mostra dedicata all’opera di Riccardo Dalisi “Progettare per il mondo reale” (aperta fino al 23 febbraio presso il PAN di Napoli), mi ritornano in mente le parole pronunciate da un simpatico personaggio di uno dei capolavori cinematografici della Pixar: 

“non tutti possono diventare grandi artisti, ma un grande artista può celarsi in chiunque”

Non so se il vecchio Maestro del design napoletano abbia mai visto le avventure di Remy, topo col sogno di diventare un grande chef, raccontate in “Ratatuille”, ma di certo ne condividerebbe la filosofia.
Questa mostra è l’ennesima testimonianza del lavoro di Dalisi, volto ad opporsi all’architettura e al design “ufficiali” e, di conseguenza, al loro insegnamento confinato tra le spesso asfittiche mura delle facoltà di architettura italiane dove purtroppo, a volte, si insegna a parlare un linguaggio comprensibile ai soli addetti ai lavori. Dalisi invece, come testimoniano le innumerevoli precedenti esperienze, da quella con i bambini del Rione Traiano a quella con gli anziani di Ponticelli, a quelle più recenti con i ragazzi del Rione Sanità, crede fortemente in un approccio “Radicale” all’architettura e al design, il che comporta, di conseguenza,   un rapporto profondamente empatico con quelli che sono gli oggetti ed i luoghi del vivere; una riscoperta della manualità, dell’approccio fanciullesco all’atto creativo, una riaffermazione dell’artigianato locale inteso come riscoperta dei valori di un luogo e non come cliché turistico. Necessaria per Dalisi è la “partecipazione” alla vita della città, che non può essere circoscritta alle elites intellettuali, ma che necessita del contributo di chiunque abbia un’adeguata sensibilità.

                                                                         Dalisi's bike_ ovvero un modo alternativo di raccordare due punti nello spazio


La parte più interessante del percorso espositivo è dunque quella basata sull’interattività e sullo spirito “laboratoriale” che anima la mostra: attraverso appuntamenti settimanali Dalisi cerca di indurre nei visitatori la consapevolezza che chiunque abbia la capacità di essere potenzialmente un “creativo”.

Le sette sezioni della mostra ripercorrono le tappe fondamentali della carriera dell’Architetto/Designer nato a Potenza, ma Napoletano a pieno titolo, e del suo costante e ammirevole impegno nella salvaguardia e diffusione delle sue idee che, al di là che se ne condividano o meno gli esiti formali, hanno la capacità di farci entrare in un mondo che difficilmente da soli riusciremmo ad immaginare.
Rimane solo da chiedersi quanti dei suoi allievi sapranno fare tesoro dei suoi insegnamenti e, custodendone la passione, la visione della vita, la capacita di non uniformarsi ai voleri del mercato, avranno la capacita di generare “nuovi mondi” e quanti, invece, come spesso accade in Italia, finiranno con l’essere schiacciati sotto la personalità del Maestro, imitandone le forme ma tradendone i contenuti.

Dalisi, dal canto suo, non può certo preoccuparsi della questione più di tanto, e sembra voler dire, citando il maestro di Remy in “Ratatuille”: 
“la cucina (o l’arte, o l’architettura, o la vita in generale) non è una cosa per pavidi! Bisogna avere immaginazione, essere temerari, tentare anche l’impossibile e non permettere a nessuno di porvi dei limiti, perché siete quello che siete. Il vostro unico limite sia il vostro cuore”.

mercoledì 13 febbraio 2013

TARALL&WINE_ APPELLO AGLI EMIGRANTI

Si certo, il nostro blog vanta un pubblico di lettori decisamente vario, ben assortito e dislocato nei posti del mondo più disparati. Sebbene io possa ipotizzare con un certo margine di precisione l'identità dei lettori "visualizzatori di pagine" localizzati in Russia, Cina, Stati Uniti, Germania, Spagna, Israele e Francia, ammetto invece di trovarmi in seria difficoltà qualora mi appaiano visualizzazioni da posti quali Malesia, Indonesia o Repubblica Dominicana. E'chiaramente possibile, e anche auspicabile, che qualcuno dei nostri 12 o 13 fans accaniti decida, rigorosamente a nostra insaputa, di trasferirsi, andare in tour o in vacanza dall'altra parte del mondo. Senza considerare, inoltre, l'eventualità che la restante parte di popolazione mondiale si imbatta casualmente nella nube fucsia.
Imbattersi in una nube fucsia, del resto, non può che suscitare delle emozioni forti!

manifestazioni di  fumo fucsia in New York City

Passare dai link in giro per il globo ai partenopei in trasferta è sicuramente un volo, ma forse nemmeno troppo pindarico. Chi lascia Napoli lo sa che qualcosa di sé rimane inesorabilmente attaccato al tufo e al basalto, che un po' di sangue se lo piglia San Gennaro, e che desidererà ardentemente, oltre a una pizza fritta ad ogni ora del giorno, trovarsi improvvisamente, teletrasporto permettendo, appollaiato su uno scoglio di Mergellina con taralli e birra, anche se prima non l'aveva mai fatto. Alcuni, ma solo i casi più gravi, potrebbero anche desiderare di mangiare " 'o père e 'o muss' " [il piede e il muso, piatto tipico] per assaporarne il gusto delicato e per integrarsi meglio con il contesto. Ma quelli, ovviamente, sono solo i casi in cui depressione da nebbia e intossicazioni da bigoli e fegato d'oca abbiano ormai compromesso la stabilità psichica del soggetto in maniera irreversibile.

A prescindere dall'entusiasmo che ci spinga, è chiaro però che la vita possa portarci per altri lidi, possa offrirci opportunità segrete in mezzo alle montagne e ai grattacieli, o alle campagne o alle industrie.

alla fine... "L'importante è che staje bbuono!"

Tarall&Wine




In nessun modo avrei potuto evitare di appoggiare e condividere l'iniziativa di TARALL&WINE, che dall'alto della loro esperienza di emigranti hanno deciso di raccogliere i sorrisi di tutti i napoletani EMIGRANTI che si trovano in questo momento della loro vita ad osservare torri sbilenche, piazze ordinate e cieli un po' grigi, e soprattutto ad ascoltare un italiano discutibile con accento non familiare.

e il loro APPELLO AGLI EMIGRANTI recita così:



" Se sei napoletano e hai scelto di vivere altrove ma non dimentichi le tue radici
puoi partecipare al primo videoclip dei Tarall&Wine "L'importante è ca staje bbuono".

INVIACI UNA CLIP CON IL TUO CELLULARE IN CUI SIA VISIBILE UN SIMBOLO CHE RAPPRESENTA LA CITTA' CHE TI HA ADOTTATO, UN CARTELLO "STO BBUON" E UN SORRISO.

invia il file al più presto, PREFERIBILMENTE ENTRO IL 20 FEBBRAIO 2013, con un LINK VIA MAIL all'indirizzo:

stobbuono@gmail.com

Tarall&Wine è una produzione Octopus Records - FullHeads



Ora... non per vantarci di essere sempre un passo avanti ad amici che, si vede, tenen' 'a stessa capa [hanno la nostra stessa formazione], ci tengo ad inserire in questo post delle immagini scattate a NY, che presentano gli stessi elementi richiesti nell'appello: luoghi identificativi, cartelli, e sorrisi.

In questo caso la nostra scelta era ricaduta sul messaggio: "SI EA STA ACCUSSI', FA' PACE!"
[trad. "se devi stare così, fai pace", ovvero: "se proprio devi soffrire in questo modo (malgrado il tuo partner si sia comportato con te in una maniera veramente poco gradevole), ti consiglio di effettuare una opportuna valutazione della situazione e prendere in considerazione l'eventualità di tornare insieme a lui/lei per riprendere la vostra relazione da dove era stata interrotta.]

Alla richiesta di un amico di portare questo messaggio di pace in giro per il mondo, a mo di colombe, noi, proprio non abbiamo saputo resistere!!


concept: alessandro mainella
location: brooklyn park_ ny
model (left):  manuela piscopo
model (right): anonimo da Treviso
ph: manuela piscopo & anonimous



non vi resta, quindi, che sorridere, e far vedere a tutti che... "STAI BBUON"!!

stobbuono.tumblr.com

tarall&wine
gnut







mercoledì 6 febbraio 2013

DJANGO UNCHAINED


"La nascita di una nazione", "Il grande silenzio", "Mandingo", "Addio zio Tom", e poi naturalmente tutta la serie di Django, l'immancabile "Il buono il brutto e il cattivo", "Trinità" e ancora "il passo" di Lucky Luke a cavallo, il nome di Edvin S. Porter sul manifesto dei ricercati, il foro di proiettile sulle carte da gioco come ne "Il mercenario" e via così fino all'infinito. L’uscita nelle sale di Django Unchained di Tarantino ha scatenato  la caccia alle citazioni presenti nell'ultima fatica del regista di Pulp Fiction e Kill Bill.

Quentin lo sa,  e per non deludere i fan, cita, ruba, piazza la musica adatta al punto giusto, strizza un occhio a Corbucci e l'altro a Kurosawa, resuscita generi ormai defunti, riabilita personaggi ormai in declino, fa incontrare il nuovo e il vecchio Django in una scena tanto inutile alla trama del film quanto chiacchierata in internet, e soprattutto rende onore ai suoi adolescenziali pomeriggi passati in una videoteca a guardare VHS che nessuno noleggiava, con un doppio cheeseburger in una mano e una bibita gigante nell'altra.

Django Unchained, storia di uno schiavo liberato che, con gli insegnamenti e la complicità  di un cacciatore di taglie, si riscatterà dalle angherie subite dall'uomo bianco fino a liberare l'amata tenuta in catene dai cattivi di turno, continua il filone iniziato con “Kill Bill”, proseguito con il troppo sottovalutato "Grindhouse", e con il forse troppo sopravvalutato "Bastardi senza gloria",  incentrato  sul tema della vendetta che implica sempre copiosi spargimenti di sangue, mutilazioni multiple, e continuo susseguirsi di scene "cult" (la parola più usata per commentare i film di Tarantino, non senza ragione).

La trama regge, il ritmo è  quello tipico del regista americano, i 165 minuti del film sono quasi tutti godibili, il cast è perfettamente in parte, con Christoph Waltz/cacciatore di taglie che si ritaglia di diritto un posto d'onore tra i più riusciti personaggi tarantiniani, le scene e le frasi  che imperverseranno sui siti e social network nei prossimi anni non mancano, regia, fotografia, scenografie, montaggio e scelte musicali sono tutte degne della fama che Tarantino si è guadagnato in questi anni e difficilmente chi andrà a vedere il film ne rimarrà deluso.
Allora forse quello che manca è la freschezza che contraddistingueva le prime due opere del regista (Le iene e Pulp Fiction), che restano gli apici della sua produzione, quella capacità di inventare un mondo del tutto nuovo (pieno di citazioni, ma nuovo).

La metafora più calzante può essere quella di un ristorante che ti strabilia la prima volta che ci vai per il suo modo di servirti piatti che già conoscevi in una maniera del tutto nuova, ma dove poi quando ci ritorni, pur non rimanendo deluso, ti accorgi che ormai il cuoco per paura di perdere clienti replica solo i suoi piatti migliori o nella migliore delle ipotesi ci aggiunge solo piccole variazioni che non ne cambiano di troppo il gusto.

Naturalmente poi se alla fine tutto si conclude con la colonna sonora di "Trinità", l'adolescente che abita in te, non può non alzarsi soddisfatto dalla sedia e pagare il conto applaudendo il mago che non poteva che concludere lo spettacolo  con il numero del coniglio e sebbene sapevi fin dall'inizio che il cilindro stava lì apposta per quello te ne stupisci sempre e ti domandi come fa.